La Sengia Martini è una
delle cose più suggestive da vedere sui Colli Berici.
Durante un
recente sopralluogo per una mia uscita
di gruppo ai Mulini di Mossano,
mi era rimasto un po’ di tempo nel pomeriggio. Così, invece di
tornare a casa, ho deciso di fare una piccola deviazione verso
Zovencedo
per visitare questo luogo davvero particolare: la Sengia
dei Meoni, una
suggestiva casa
scavata nella roccia.
Nonostante sia poco
conosciuta, questa abitazione rupestre custodisce una storia
affascinante, intrecciata con la vita semplice e laboriosa delle
famiglie che hanno abitato queste colline.
Purtroppo la casa non è
sempre aperta, vi consiglio di controllare gli orari. Si entra
esclusivamente con visite guidate e nel prezzo è incluso anche la
visita della vicina cava.
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I Colli Berici sono una delle zone che frequento più spesso durante le mie
escursioni di gruppo.
Se
vuoi partecipare alle prossime uscite, puoi: iscriverti al
canale
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visitare la sezione
ESCURSIONI
DI GRUPPO
del blog, oppure mandarmi una
mail a andreapizzato76@gmail.com
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Per arrivare alla casa
rupestre si può percorrere un sentiero nel bosco di 15 minuti dal
parcheggio del campo sportivo di Zovencedo, oppure (non dovrei
dirlo), quasi direttamente in macchina, con il comodo parcheggio del
museo della cava.
VISITE
Anni fa la casa era gestita da una cooperativa che si occupava anche dell'organizzazione delle
visite. Ora non più e non ho ben capito chi sia il nuovo gestore.
Prima di programmare la vostra sosta, vi consiglio di verificare
online orari e modalità di ingresso, perché la gestione e le
informazioni possono variare nel tempo.
Nel mio blog cerco sempre di offrire contenuti accurati ma, non avendo nessun tipo di aiuto/supporto da parte delle istituzioni locali, mi è impossibile aggiornare in
tempo reale tutte le informazioni pratiche: per questo vi invito a
controllare direttamente le fonti ufficiali prima della visita.
TRA FONTANE ANTICHE E CAVE ABBANDONATE
Lungo i numerosi sentieri che
solcano il territorio di Zovencedo,
si possono scoprire paesaggi
naturali ancora incontaminati,
dove la natura si alterna a testimonianze della vita rurale di un
tempo: antiche fontane
con lavatoi —
come la Fontana della Villa, la Fontana de Biste, la Fontana delle
Piane, la Fontana del Monte, la Fontana del Borgo, la Fontana di San
Gottardo, la Fontana dei Trotti o del Travegno e la Fontana delle
Donne — e le vecchie “priare”,
le cave di pietra abbandonate che da secoli modellano il paesaggio
berico.
In una di queste cave, aperta
in una cengia dominante la Val Pressia,
con vista sul castello del paese, si trova la Sengia dei Meoni: una
casa ricavata
ingegnosamente nella roccia,
che porta il nome dell’ultima famiglia che la abitò.
UNA CASA COSTRUITA NELLA PIETRA
L’abitazione originale era
sviluppata su due piani: al piano terra si trovavano l’ingresso, la
cucina con focolare e secchiaio; al piano superiore, le camere da
letto.
All’interno della stessa “Priara” erano ricavate anche
la stalla e le adiacenze rurali, sfruttando al massimo lo spazio e la
protezione offerta dalla roccia.

Questa casa fu abitata fino
al 1959,
anno in cui un evento drammatico costrinse la famiglia a lasciarla
per sempre.
IL FULMINE DEL 1959
La sera dell’11
agosto 1959, un
violento temporale si abbatté sui Colli Berici.
Un fulmine scese dal
camino della casa e si scaricò sull’impianto elettrico, sfasciando
tutto: caddero pietre dai muri e dalle finestre.
Adelaide Meoni, che
viveva lì con la sua famiglia, raccontò così quel momento:
“Un giorno, l’11
agosto 1959, alle sette di sera, un violento temporale si abbatté
con tuoni, fulmini e lampi sulla Zengia.
Un fulmine scese dal
camino e si scaricò sull’impianto elettrico, sfasciando tutto:
cascarono le pietre più deboli dei muri e delle finestre
(...).
Guerrino Pescaore corse in paese a chiamare aiuto,
credevano che fossimo tutti morti.
Accorsero le autorità e tanta
gente. Poco prima del fulmine ho pregato tanto, bruciando l’ulivo e
con la candela benedetta accesa, perché ci salvassimo; avevo quasi
un presentimento che succedesse qualcosa, perché era troppo
brutto.
Fui così graziata che nessuno si è fatto male,
nonostante fosse cascato tutto.”
Dopo quel giorno, la famiglia
abbandonò la casa, che rimase per decenni in stato di abbandono fino
ai restauri recenti, che ne hanno restituito il fascino e la memoria.
LA PIETRA DEI BERICI
Per capire la Sengia dei
Meoni, bisogna comprendere anche la natura stessa dei Colli
Berici,
costituiti quasi interamente da rocce
calcaree stratificate
nate milioni di anni fa sul fondo del mare.
Nel corso del tempo, i
fanghi e i gusci di piccoli animali marini si sono depositati a
strati, formando spessi banchi di pietra che si sono solidificati con
il prosciugarsi delle acque.
Questa pietra, conosciuta
come Pietra di
Vicenza, è un
materiale tenero e facilmente lavorabile appena estratto, ma
resistente agli agenti atmosferici una volta stagionato.
Fin dall’epoca romana e poi
nel Medioevo, la pietra dei Berici è stata utilizzata per costruire
stele, capitelli,
fontane e monumenti.
Nel
Rinascimento, Andrea
Palladio e i
suoi allievi la scelsero per decorare le ville e i palazzi di
Vicenza, Padova e Venezia. I blocchi di pietra venivano trasportati a
valle su carri trainati da buoi o lungo i canali su zattere, dando
vita a un’attività fiorente e radicata nella cultura locale.
Ancora oggi, la pietra di San
Gottardo — una delle varietà più pregiate — è utilizzata da
scultori e
artigiani locali
per realizzare opere, capitelli, balaustre e fontane che mantengono
viva questa antica tradizione.
Tutto questo viene spiegato
dopo la visita della casa rupestre Sengia Meoni nell'adiacente Cava
de Cice.
Insomma, durante questo
pomeriggio ho fatto un tuffo nel passato in un luogo sospeso nel
tempo, dove la vita
rurale si
intreccia con la forza
della natura e
la memoria della
pietra.
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