La battaglia del Solstizio, combattuta dal 15-22 giugno 1918 rappresenta la grande e definitiva sconfitta delle intenzioni austro-ungariche di mettere fuori combattimento l’Italia.
Il 15 giugno 1918, ormai ridotte alla fame, le armate austro-ungariche schierate dal Piave al Grappa scatenano una massiccia offensiva nell'intento di sfondare il fronte e reperire così nuove risorse alimentari e materiali.
Gli austro-ungarici partecipano a quella che D'Annunzio chiamerà “Battaglia del Solstizio” con tutte le forze residue: 642 battaglioni, 53 squadroni di cavalleria e ben 6833 pezzi d'artiglieria.
Un'armata più numerosa di quella schierata a Caporetto, animata da uno spirito combattivo reso ancora più forte dalla prospettiva di arrivare velocemente alla pianura padana, ricca di cibo e di altre ambite prede.
Al di là delle forze in campo e del morale delle truppe impiegate, mancò agli austroungarici una coordinata azione di comando. Infatti, il maresciallo Conrad avrebbe voluto agire, portare cioè il massimo sforzo, sulla sinistradella linea italiana , mentre, il maresciallo Boroevic, propendeva per la destra, cioè per attaccare massicciamente sul Piave.
L'imperatore Carlo, Comandante Supremo e il generale Arthur Arz, Capo di Stato maggiore, non riuscirono a sanare il contrasto tra i comandanti delle forze in campo, sicché alla fine, dopo discussioni, aggiustamenti, modifiche e compromessi, si decise per un attacco lungo tutti i centoventi chilometri del fronte, senza aver operato una qualche scelta su dove sviluppare il massimo urto.
Errore strategico dunque, ma la superiorità aerea italiana era chiara - i 400 aerei del 1915 erano diventati 6.000 nel 1918, e l'artiglieria era stata convenientemente addestrata al fuoco di controbatteria e di sbarramento.
La fanteria era stata scaglionata in profondità, una riserva di ben 19 divisioni superava per uomini e mezzi la riserva del nemico.
Ciò nonostante, attorno alle tredici di quel 15 giugno l'attacco sul Grappa sembrò dar ragione all'impeto offensivo degli austriaci che riuscirono a penetrare nel sistema difensivo italiano dei Colli Alti, sistema che si agganciava al Montello e al Piave attraverso la dorsale Monte Tomba-Monfenera, sopra Pederobba.
Fu l'intervento decisivo di un reparto di Arditi a ripristinare entro sera la linea perduta nel corso della mattinata riconquistando Col Moschin.
Forzando
di sorpresa il Piave all'altezza di Ciano del Montello, alle dieci
del mattino gli austriaci avevano già raggiunto il crinale del colle
e i margini settentrionali di Nervesa, mentre sembrava aver successo
anche l'attacco iniziato a valle, lungo l'arco che da Cimadolmo va a
San Donà con l'intento di superare il Piave alle Grave di
Papadopoli, puntare su Lovadina e Spresiano e isolare i ponti della
Priula, mentre un'altra colonna da Salettuol, attraversando Maserada,
si apprestava ad aggredire il campo trincerato di Treviso.
La
penetrazione nemica giunse sulla linea Pero-Monastier-Meolo e fu
proprio in quel momento che il Comando Italiano fece affluire in
linea la riserva in attesa tra Vicenza e Padova. 1.800 autoveicoli,
cioè un numero assolutamente inusitato per i tempi, portarono in
linea 88.000 uomini, altri 20.000 affluirono fruendo degli autoparchi
delle diverse armate e 150.000 uomini con 382 cannoni raggiunsero le
linee con 314 treni.
La battaglia del Solstizio fu la vittoria della riserva e della logistica, cioè proprio di quello che era mancato a Caporetto. Della sconfitta, gli austriaci presero immediatamente atto, sicché la disfatta, oltre che militare, fu psicologica, convinse cioè dei soldati e degli ufficiali che or mai la guerra era ineluttabilmente persa dal momento che l'Impero aveva esaurito le sue risorse materiali.
Grave
nella circostanza fu per l'Italia la morte di Francesco Baracca che,
con il sui Nieuport, si era segnalato come miglior pilota della
nostra aviazione militare. Durante la battaglia del Solstizio
l'Aeronautica venne impegnata in funzione tattica, cioè a diretto
contatto con la fanteria schierata sul campo. Tale tattica implicava
il combattere a quote molto basse, esponendo gli aerei alla
fucileria. E fu infatti un colpo di fucile a colpire Baracca alla
testa il 19 giugno 1918 sul cielo del Montello.
Il
pilota proveniva dalla cavalleria e, in omaggio appunto a questa sua
provenienza, volle dipinto sulla fusoliera dell'aereo un cavallino
rampante.
A soli 7 mesi da Caporetto, la battaglia del Solstizio risollevò il morale delle truppe, ponendo le basi per l’offensiva finale. Il successo riportato sul campo è quindi il prologo della battaglia di Vittorio Veneto che sancisce definitivamente la sconfitta degli Imperi centrali.
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