La battaglia di Vittorio Veneto e la fine della Grande Guerra

La Battaglia di Vittorio Veneto, conosciuta anche come Terza Battaglia del Piave, combattuta tra il 24 ottobre e il 4 novembre 1918, fu uno degli eventi decisivi della prima guerra mondiale, portando alla sconfitta e al collasso dell'Impero Austro-Ungarico. 

 

Questa battaglia ebbe un impatto significativo sulla storia europea e contribuì all'indebolimento delle potenze centrali e alla fine della guerra.


Con il post di oggi sul blog andiamo alla scoperta delle fasi principali della Battaglia di Vittorio Veneto, chi ha vinto e cosa è successo.


Nell'ultimo periodo ho visitato diversi musei a tema Grande Guerra in zona Montello, Vittorio Veneto e Rovereto e ho fatto un piccolo riassunto di quanto imparato.

 

battaglia di vittorio veneto
LA PRIMA FASE (24-26 ottobre)

La prima fase non andò com'era stato pianificato. 

Il comando supremo italiano, infatti, aveva previsto che l'offensiva sul Monte Grappa iniziasse il 24 ottobre al mattino mentre nel settore di pianura doveva iniziare lo stesso giorno ma la sera e questo perché in montagna le marce di avvicinamento risultano più lunghe.

La 4° armata del Grappa si mosse contro il nemico come previsto dal piano mentre le altre armate trovarono invece nella pioggia insistente, nella piena del Piave e nell'impetuosità della corrente un ostacolo in quel momento insuperabile.

 


Sul Grappa dopo un inizio favorevole, l'avanzata dei tre corpi d'armata incontrò un'efficientissima difesa organizzata da parte da parte dell'esercito austro-ungarico tanto che al sopraggiungere della notte progressi sul terreno erano stati minimi, ben contrastati dall'ottima organizzazione del fuoco d'artiglieria, rimasto ovunque in piena efficienza.

 


Nel frattempo la 10 armata del gen, Lord Cavan era riuscita ad occupare le isole delle grave e l'isola Caserta, trasportandovi truppe britanniche e italiane.

Il possesso delle prime si dimostrò importantissimo perché di li si riuscì a costituire la prima testa di ponte sulla riva sinistra del Piave.

 

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Nel corso della giornata la pioggia riprese violenta peggiorando ulteriormente le già difficili condizioni d'acqua del fiume che aumentò considerevolmente la sua portata e la sua velocità.



Il giorno 25 prosegui l'attacco sul Monte Grappa in condizioni rese evidentemente ancora più difficili. A quel punto lo stato maggiore si domandò se non fosse meglio sospendere l'azione per riproporla quando in pianura le condizioni del fiume Piave non avessero consentito il gittamento di ponti d'equipaggio e passerelle in modo da richiamare un consistente numero di reparti distraendoli dal fronte del Grappa.


Prevalse, invece, l'idea di proseguire sul Grappa per far credere agli austro-ungarici che la manovra offensiva prevedesse una sola direttrice d'attacco, quella del Grappa appunto, e lì ammassasse le poche riserve di cui disponeva.

La lotta continuò per tutto il giorno del 26 ottobre contro una resistenza sempre maggiore; alle 16.00 i generali Diaz e Giarding convennero sulla necessità di fare una giornata di sosta per consentire alle truppe, estremamente provate, di riordinarsi. 

 

Gli austriaci, che avevano subito pesanti perdite, attribuirono erroneamente allo sforzo italiano l'intenzione di sboccare nella regione feltrina: così, per evitare che gli italiani vi si arroccassero con lo scopo di colpire il fianco dell'11 armata austro-ungarica, richiamarono nella conca di Belluno quattro divisioni tratte dalle riserve.

 

Sul Piave, il comandante della 5 armata austro-ungarica, ritenendo che l'occupazione delle grave di papadopoli fosse solo un semplice diversivo, cominciò a cambiare opinione quando si rese conto che le truppe sulle grave erano britanniche, che quelle che combattevano a Pederobba erano francesi e che le truppe italiane si apprestavano a sferrare un attacco - verosimilmente quello principale – a partire dal Montello


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LA SECONDA FASE (27-29 OTTOBRE)
La seconda fase dell'offensiva ebbe inizio la sera del 26 ottobre. L'ordine del comando supremo italiano era stato diramato già fin dal pomeriggio del 25, contando sulla possibilità che il livello del fiume potesse infine decrescere.

La 12 armata francese e l'8 armata italiana potevano contare sul "fattore sorpresa", mentre più a sud la 10 armata britannica avrebbe dovuto agire "di forza”. 

 

Il rischio era però che la violenta corrente gonfiata dalle lunghe piogge potesse travolgere il materiale da ponte gittato da una riva all'altra del fiume.

Il mattino del 27 ottobre tre teste di ponte erano state realizzate sulla sponda sinistra del Piave: la più settentrionale, ma anche la meno estesa, costruita dall'armata francese all'altezza di Valdobbiadene; la seconda realizzata dalle unità dell'8 armata italiana a Moriago - Sernaglia e Falzè; e la terza edificata dalla 10 armata britannica oltre le grave di Papadopoli.

 

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Approfittando dell'effettivo miglioramento delle condizioni del fiume, il gen. Caviglia constatato che il nemico aveva concentrato la sua maggior resistenza in corrispondenza della testa di ponte di Moriago Sernaglia e Falzè ordinò al XVIII corpo d'armata (8ª armata) di passare alle dipendenze dell'armata britannica e superare il Piave sui ponti e sulle passerelle realizzate alle grave di Papadopoli per poi puntare direttamente su Conegliano.

 

Nel pomeriggio del 28 ottobre, il gen. Borgevic comunicò all'alto comando austriaco che in seno ai reparti si stavano verificando alcuni casi di ammutinamento ma che, complessivamente, la situazione era ancora gestibile e non destava preoccupazioni.

 

Nel frattempo, sul Monte Grappa la 4 armata italiana si trovava ancora alle prese con la violentissima reazione del gruppo Belluno: riuscì, anche se a duro prezzo, a conservare il Monte Pertica ma perse il Valderoa.

Il 28 ottobre venne investita la prima posizione austriaca sul Piave che portò alla rottura della fronte sulla testa di Ponte di Vidor. Non si poteva però fare affidamento come base di partenza di una possibile offensiva perché, in quel tratto del fiume, le condizioni d'acqua erano ancora pessime e non garantivano l'alimentazione delle forze; nel frattempo, sul Grappa, la 4 armata italiana continuava a tenere sotto minaccia le forze del gruppo Belluno, mentre la 12 armata procedendo a cavallo del Piave riusciva a raggiungere le periferie di Quero e di Valdobbiadene.

 


Nella mattinata i problemi dell'8 armata italiana aumentarono, dovuti essenzialmente all'accentuata situazione di isolamento patita dal suo XXII corpo d'armata nella testa di ponte a nord del Montello, ai vani tentativi portati avanti dall'VIII corpo d'armata alla ricerca di un passaggio sul Piave e alle grandi difficoltà riscontrate dalle unità del genio militare nel gittamento dei ponti.


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LA TERZA FASE (29 – 31 ottobre)

La terza fase della battaglia di Vittorio Veneto portò alla definiva rottura del dispositivo austro-ungarico nella cerniera di collegamento tra la 5 e la 6 armata imperiale, dal ponte della Priula fino alla stretta di Serravalle: le unità austriache erano ancora in grado di presentare alcuni momenti di irrigidimento nella difesa, come sul Grappa e sul Monticano, ma non potevano più sottrarsi alla martellante manovra sferrata dalle nostre armate di centro (la 12^, la: 8^ e la 10), i pur generosi sforzi della nostra 4 armata non avevano peraltro dato i risultati sperati per garantire il fianco sinistro delle armate di pianura che invece, una volta rotta la linea austriaca, procedevano combattendo verso oriente.

 

L'8^ armata italiana era ormai riuscita a trasferire sulla sponda sinistra del Piave tutti i suoi corpi d'armata, che presero quindi velocemente ad incalzare il nemico, tanto che, alle ore 13H45 del 29 ottobre, il gen. Caviglia ordino: "nemico ritirasi attorno Vittorio. Accelerare la marcia per impedirgli di sfuggire e vendicare Caporetto".

 

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Al mattino del 30 ottobre, lo sfondamento della linea austriaca era ormai irreversibile: l'VIII corpo del generale Grazioli entrò a Vittorio con un'unità celere composta da uno squadrone del reggimento di cavalleria "lancieri di Firenze" e una compagnia dell'XI battaglione bersaglieri ciclisti; la sera dello stesso giorno Vittorio Emanuele in persona venne a festeggiare la liberazione della città che aveva ospitato i più alti comandi austriaci responsabili della linea del Piave.


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LA QUARTA FASE (31 OTTOBRE - 4 NOVEMBRE)

La quarta fase della battaglia di Vittorio Veneto comprende l'inseguimento e la conclusione del conflitto. 

 

Tenendo conto del fatto che gli austro-ungarici avevano avanzato la loro richiesta di armistizio e che il Presidente degli Stati Uniti era fermamente intenzionato ad accoglierla, era necessario prima della sua entrata in vigore, riconquistare più terreno possibile.

 

Diaz ordinò allora in questo senso che l'armata di riserva la 7 del generale Tassoni spingesse celermente le sue unità su Bolzano procedendo dalle Valli Giudicarie verso Mezzolombardo, mentre la 6 armata del gen. Montuori avanzasse dal Lago di Garda verso Rovereto sino a raggiungere Trento ed Egna

 

battaglia di vittorio veneto

 

Nel frattempo, la 4 armata del Grappa doveva raggiungere ed occupare il tratto tra Egna e Bolzano muovendo attraverso la val Cismon e la Val di Fiemme, mentre l'8 armata doveva convergere su Bolzano, Brunico e Dobbiaco passando attraverso la Val Cordevole e la Valle del Piave.



La 12ª armata francese non venne spinta all'inseguimento ma venne raccolta nella conca feltrina.


Nella pianura veneta l'inseguimento venne affidato alla 10 e alla 3 armata, lanciate entrambe verso il Tagliamento attraverso la rotabile Conegliano – Pordenone - Udine, mentre il corpo di cavalleria del conte di Torino ricevette dal comando supremo italiano l'ordine di lanciare le sue unità di cavalleria sino al corso del fiume Isonzo.

 


Per evitare che alla cessazione delle ostilità valesse come linea armistiziale quella raggiunta dagli eserciti e che Trieste non rientrasse quindi nel territorio conquistato dall'esercito italiano, il comando supremo italiano fece trasportare via mare da Venezia alcune unità di bersaglieri che di fatto sancirono la liberazione del capoluogo giuliano.

"I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano discese con orgogliosa sicurezza". Diaz.


La battaglia di Vittorio Veneto era terminata. Alle ore 15 del 4 Novembre 1918 l'armistizio firmato a Villa Giusti (tra Abano e Padova) sancì la fine della Prima Guerra Mondiale in Italia.

 

VEDI ANCHE:

Battaglia del Solstizio

Prima Guerra Mondiale Riassunto

Battaglie dell'Isonzo

Battaglia di Caporetto

L'interventismo in Italia 

Francesco Baracca

Attentato di Sarajevo

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La sezione del blog dedicata alla GRANDE GUERRA

 

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